Pedagogia dell’auto-orientamento

Educare all’autoimprenditorialità: obiettivo pedagogico volto alla crescita ed all’orientamento professionale. Educare i giovani a divenire imprenditori di se stessi, all’interno di questa società precaria e mutevole, si configura finalità sempre più difficile. Obiettivo arduo, ma non impossibile! Qual è il punto di partenza per poterlo conseguire? Si dovrebbe cominciare predisponendo contesti educativi che possano caratterizzarsi come occasioni volte a stimolare il pensiero divergente, la capacità critica e lo spirito di iniziativa. Il buon Dewey è stato antesignano in tal senso, con la creazione della scuola-laboratorio, non limitandosi ad un mero insegnamento astratto. Il noto pedagogista americano, dal quale dovremmo prendere esempio, ha puntato all’autonomia nell’apprendimento, stimolando nei giovani la capacità di assumere conoscenze e competenze a partire dai problemi concreti. “L’educazione non serve solo a preparare alla vita, ma è vita stessa” diceva John Dewey! Per tale ragione dovremmo “investire” in risorse umane e soprattutto in educazione, poiché tutto passa attraverso di essa. Parafrasando le parole di un mio Prof universitario, mi piace ribadire che: “Si nasce da soli, si muore da soli, ma in mezzo c’è sempre l’educazione!” Se oltre a dirlo, riuscissimo ad interiorizzare questa logica di pensiero e di azione, non ci limiteremmo, in modo particolare nei contesti deputati alla crescita (famiglia, scuola e centri di educazione permanente), ad insegnare e basta, ma a dirigerci verso “l’educare” (ex ducere). L’educazione rende creativi, autonomi e libera dalla rigidità mentale perché pone nelle condizioni di trovare, non una sola soluzione di fronte all’imprevisto, ma due, tre, quattro alternative. Creatività, autonomia e flessibilità cognitiva rendono liberi! E la libertà, talvolta, spaventa. Pertanto, l’orientamento professionale e le politiche attive del lavoro non dovrebbero essere erogate dopo gli studi o all’ultimo anno di scuola media superiore, ma pianificate durante i diversi gradi scolastici (chiaramente strutturati in base all’età e all’obiettivo) proponendo percorsi di orientamento capaci di educare a scelte formative e professionali consapevoli. Se non cominciamo a pensare a tali percorsi orientativi ben strutturati e integrati con stage, continueremo ad avere un considerevole numero di persone che si trova quasi inconsapevolmente (e quasi “per caso”) all’interno di “contenitori” lavorativi. La suddetta inconsapevolezza non è certamente funzionale allo sviluppo economico e sociale di un Paese, non credete?